Notizie e pubblicazioni

Pubblicato il Apr 18, 2020

NON RIESCO A DORMIRE di Davide Standridge

Amo far addormentare i bambini tra le mie braccia. Amo quando un bambino piccolo dorme, sono così sereni, non sembrano avere preoccupazioni di nessun tipo. Qualche volta nel sonno sembrano sorridere e cerco di immaginare cosa stanno pensando. Mi piace pensare che in quel sonno pacifico stanno sognando che si sentono sicuri e amati.

Il piacere di far addormentare i bambini in braccio è cominciato con i miei figli. Hanno tutti alcuni anni di differenza e così ho avuto il piacere di farlo per diversi anni. Con ognuno di loro ho dovuto scoprire cosa li facesse addormentare. A uno di loro bastava che lo fasciassi completamente nella copertina in modo che non si poteva muovere e si addormentava beatamente. Al secondo bastava che lo prendessi in braccio e gli soffiassi leggermente sugli occhi e pian piano li chiudeva e si rilassava. In quanto all’ultimo avevo scoperto che si addormentava più facilmente se con l’indice colpivo leggermente il suo ciuccio. Ognuno di loro aveva un metodo. Li ho provati anche con i nipotini, quando ne ho avuto la possibilità, è sempre stata una gioia vederli addormentarsi quando ci sono riuscito.

gatto che dorme 2A volte erano troppo stanchi e irrequieti e non riuscivano a calmarsi, e specialmente con i miei figli dovevo tenerli forte tra le braccia fino a che non si arrendevano e si addormentavano. Avevano bisogno di riposare ma non ci riuscivano. Avevano bisogno di essere calmati e di sentirsi al sicuro.

Il salmista Davide ha scritto queste parole tantissimi anni fa: “In pace mi coricherò e in pace dormirò, perché tu solo, o SIGNORE, mi fai abitare al sicuro.” (Salmo 4:8)

Cari amici, anche se cresciamo, è ancora vero che dobbiamo sentirci al sicuro per addormentarci. Abbiamo bisogno di sapere che qualcuno si prende cura di noi.

Non credo che sono l’unico che a volte fa fatica a addormentarsi o che si sveglia nel cuore della notte e non riesce più a prendere sonno, e contare le pecorelle non serve a nulla, per me non ha mai funzionato.

L’apostolo Pietro ha scritto nella Bibbia: “gettando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi.” (1 Pietro 5:7) Nel contesto parla di essere umili, di renderci conto che dobbiamo arrivare al punto che non ce la possiamo fare da soli ma dobbiamo fidarci di Dio.

Se tu non sei mai arrivato al punto di fidarti di Dio, di fidarti della sua parola, riposarti nella sua cura, allora ti invito a provarci. Certo lo devi conoscere, devi sapere cosa pensa, devi scoprire cosa vuole per te e lo potrai fare solo leggendo la sua parola.

Mi rendo conto che ci sono diverse persone che in questo periodo stanno facendo fatica a riposare, forse come i miei figli sei troppo stanco e irrequieto. La preoccupazione per il lavoro, per la salute, per le finanze ti tengono sveglio. Hai creduto ma stai facendo fatica. Devi fare come i bambini. I miei figli quando erano piccoli non si preoccupavano mai del biberon del giorno dopo, o cosa sarebbe successo quando il pannolino si sarebbe riempito di nuovo. La loro preoccupazione era che avessero la pancia piena, che il pannolino fosse pulito e che ci fossero delle braccia amorevoli in quel momento che li facessero addormentare sicuri.

Gesù ci conosce ed è per quello che ha detto: “Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno.” (Matteo 6:34)

Non riesci a dormire? Fidati di Gesù! Non riesci a dormire? Ricordati che si è preso cura di te fino ad adesso. È ora di riposarti, non portare dei pesi che Dio vuole portare per te. Ti assicuro che avrai molta più pace e la tua fiducia sarà ben riposta.

Buona giornata nelle braccia del Signore!

Davide Standridge (tratto da FB)

Pubblicato il Apr 09, 2020

ORMAI NON ASCOLTO PIÙ   di Davide Standridge

Sono anni che viaggio in aereo. Mi ricordo ancora quando si poteva fumare sull’aereo, mi ricordo quando per andare dall’Italia agli Stati Uniti prendevamo un aereo a eliche. Mi ricordo quando, come bambino, ti facevano entrare nella cabina di pilotaggio e il pilota ti stringeva la mano. Ho volato su aerei piccoli, medi e grandi.

Qualche anno fa una delle linee aeree mi ha fatto un regalo per avere superato un milione e mezzo di kilometri percorsi con la loro compagnia. Mi rendo conto che ci sono persone che hanno volato molto più di me, ma ho volato abbastanza perché rientrasse nella normalità.

volare 2Come sapete prima di partire gli assistenti di volo ti spiegano dove sono le uscite, come mettere la cintura di sicurezza, cosa fare in caso che la pressione all’interno della cabina cambi, come mettere la maschera per l’ossigeno, dove trovare il salvagente e come indossarlo.

Ormai non li ascolto più, è scontato e ripetitivo e tanto meno guardo il cartoncino nella tasca del sedile.
Non li ascolto perché penso di sapere tutto? O forse perché ho volato così tanto che non credo succederà nulla? Veramente non lo so, il fatto è che non ascolto, mi sembra quasi una perdita di tempo.

Ho viaggiato con molta turbolenza, ricordo quando abbiamo dovuto fare un atterraggio di emergenza, ricordo quando abbiamo preso un vuoto d’aria e i vassoi del cibo sono balzati al soffitto, ricordo quando un fulmine ha colpito l’aereo, un’altra volta uno dei motori è andato in avaria, una volta ho visto l’hostess piangere spaventata dalla turbolenza. Forse stai pensando che è meglio non viaggiare con me!

Il fatto sta, che questi sono solo episodi sparsi in migliaia di kilometri volati senza problemi. Volare è normale e non salgo pensando ai problemi, ma sicuro che tutto andrà bene come tutte le altre volte.

Oggi penso che stiamo vivendo la turbolenza più grande che ognuno di noi abbia mai sperimentato. Una pandemia a livello globale. Migliaia di morti in tutto il mondo. Frontiere chiuse, milioni di persone chiuse in casa, ospedali nel caos. Personalmente non ho mai vissuto qualcosa di simile.

Sono questi i momenti in cui dovremmo leggere le istruzioni per la vita e anche per la morte. Il profeta Isaia ha scritto migliaia di anni fa: “Cercate il SIGNORE, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentre è vicino.” (Isaia 55:6)

Questo è il tempo per tutti noi di conoscere Dio meglio. Forse alcuni devono proprio cercarlo perché non lo conoscono per niente, si sono fidati di quello che altri gli hanno detto, è ora che vi mettete a leggere la Bibbia per scoprire chi è. Ci sono altri che lo conoscono ma la vita normale li ha portati a essere compiacenti, non crescere nella loro conoscenza. La realtà è che tutti noi possiamo e dobbiamo leggere di più e meglio le istruzioni della vita, scritte da Colui che sostiene la vita, Dio.

Uno dei leader nello studio del coronavirus ha detto che come conseguenza a questa pandemia non ci dovremo mai più dare la mano quando ci incontriamo. Esagerato? Sembra strano che un gesto così normale non farà più parte della nostra normalità. La nostra vita e le nostre abitudini più normali sicuramente cambieranno per sempre.

La mia preghiera è che sia io che te prenderemo con più serietà l’impegno di conoscere Dio. Nella Bibbia è scritto: Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi. (Giacomo 4:8)
Se lo fate vi garantisco la vostra vita cambierà in meglio per sempre.

Davide Standridge  (tratto da Facebook aprile 2020)

Pubblicato il Apr 06, 2020

DIO C’E’    (Salmo 139 – Atti 17/24-28 – Matteo 18/20)

dio dellimpossibileViaggiando in auto per le nostre strade, capita spesso di incontrare, sulle travi che sostengono un cavalcavia o in altri luoghi più impensati, una strana scritta: “Dio c’è”.
Mi ha fatto sempre una certa impressione: prima di tutto perché non riesco a immaginare l’ignoto, e spesso acrobatico, autore di tali scritte e poi per l’esattezza biblica dell’affermazione.
La frase infatti non dice soltanto che Dio esiste, ma fa intendere che Dio è vicino, che è con noi.
Non molto tempo fa l’Albania era famosa per essere l’unica nazione che, nella propria Costituzione, affermava l’impegno dello Stato a condurre e a favorire la propaganda e la diffusione dell’ateismo.
“Non c’è Dio” ecco la differenza di pensiero.
Si trattano evidentemente di affermazioni per chi ha fede e per chi non c’è l’ha.
Se per la prima affermazione va dimostrata la presenza di Dio, voi credete che chi afferma il contrario, cioè che Dio non c’è o non esiste, lo dimostri sempre in qualche modo?
Mi è capitato di leggere recentemente che né Marx né i marxisti delle varie scuole hanno mai affrontato razionalmente il problema dell’esistenza di Dio.
L’ateismo da loro professato non era il risultato di una qualche dimostrazione o di ragionamenti dedotti da riflessioni o esperienze: era semplicemente un principio non dimostrato o non dimostrabile di base.
Dio non esiste perché non deve esistere !
Il rivoluzionario Bakunin così sintetizzava il suo pensiero: “Se Dio c’è, l’uomo è schiavo. Ma l’uomo deve essere libero, dunque Dio non esiste !”
Il loro ragionamento è semplice: l’uomo è abituato a proiettare le sue esigenze, le sue paure, le sue frustrazioni, in qualcosa di immaginario, di estraneo a lui, che chiamato “Dio”.
In tal modo la religione svuota l’uomo delle sue energie e lo spinge a cercare in cielo una salvezza che in tal modo evita di cercare sulla terra.
Questa teoria è oggigiorno riaffermata anche dal sistema di pensiero della New Age.
Quelli che tornano dall’Europa orientale dove queste teorie sono applicate, riferiscono con spavento che tutto là, è da ricostruire, a cominciare dall’uomo.
La caduta del comunismo e le teorie di Marx in settanta anni di tragica esperienza hanno dimostrato che non la religione ma la rivoluzione è stata, di fatto, oppio dei popoli.
E’ stato notato che con quel modo di pensare, cioè di non tenere conto di Dio, pochi sono stati i “geni” o le “personalità” che si sono distinte. Nessuna creazione artistica, letteraria, scientifica è nata. Se restano alcuni nomi sono quelli di dissidenti, di contestatori, di esuli.
Trent’anni fa, un noto settimanale americano sbalordì i lettori con la domanda: “Dio è morto?”
Alla pubblicazione di quel numero della rivista, infatti, Dio era già stato dichiarato ufficialmente “morto”, almeno in alcuni ambienti teologici.
Il Suo “decesso” fu riconosciuto e persino accolto con giubilo da molti studiosi, educatori e filosofi.
“Che liberazione!” essi dissero, sostenendo che il “Dio tradizionale” concepito dalle masse, non aveva fatto nulla di realmente valido per l’umanità, anzi le aveva invece inflitto molti danni.
La religione che in teoria lo doveva esaltare e rappresentarlo in modo ammirevole era divisa in varie teorie teologiche e incapace di fornire una spiegazione concreta dello scopo della vita.
Per molti intellettuali, questo Dio era stato finalmente posto nella tomba.
Dio era stato gradualmente sostituito dalle meraviglie di una era tecnologica in cui si era convinti che il genere umano sarebbe potuto diventare padrone del proprio destino.
La vita stava diventando molto più agevole e nuove scoperte scientifiche avevano portato alla realizzazione di prodigi tecnologici.
cercarloMalattie che per tanto tempo avevano afflitto l’umanità erano state finalmente dominate o eliminate, grazie all’impegno umano.
In questo nuovo mondo, dunque, non c’era praticamente più posto per Dio, perlomeno non così come era stato descritto dai teologi.
Era vero che gli esseri umani non avevano ancora imparato ad evitare la guerra, ma grazie ai progressi nel campo della scienza, della tecnica e dell’istruzione, non c’era alcun dubbio che sarebbe arrivato il giorno in cui un’umanità illuminata avrebbe goduto di una pace autonomamente realizzata.
Ma qualcosa non ha funzionato.
Le stesse scoperte scientifiche che promettevano un mondo di meraviglie portarono scienziati e intellettuali a concludere che l’essere umano non è altro che un insieme di processi biologici, chimici e fisiologici.
Secondo tale visione, quindi nessuno di noi è vincolato da una suprema legge morale, ma ognuno è libero di stabilire da sé in che cosa consiste il giusto comportamento morale ed etico.
I frutti di questo modo di pensare maturarono negli anni settanta la “rivoluzione sessuale” e “l’uso di droghe” e negli anni ottanta sfociò questo pensiero nel “materialismo”.
Ma in questi ultimi anni più di un pensatore è giunto alla conclusione che il laicismo non può risolvere i problemi dell’umanità: manca infatti qualcosa di essenziale.
I beni materiali non hanno assicurato la felicità.
Molti intellettuali hanno cominciato a cercare qualcosa di trascendente, qualcosa che riempia il “vuoto spirituale”.
Alcuni stanno persino cercando di riportare in vita proprio quel Dio che era stato dichiarato “morto” trent’anni fa.
Altri stanno sperimentando varie religioni nuove o “riscoperte”.
Al tempo dell’apostolo di Paolo c’era una civiltà che in Dio ci credeva, anzi credeva in diversi dei ma riconosceva uno in particolare e non sapeva dargli un nome proprio e lo nominò “al Dio sconosciuto”, e questo significava che era un Dio molto lontano da loro.
E’ la prima volta che troviamo l’evangelo di fronte all’arte o alla filosofia umana, ma in tutto questo c’è la presenza di Dio come sentinella a preservare l’uomo.
Una delle cose che caratterizzano l’uomo in maniera inequivocabile è senz’altro la necessità di soddisfare dei bisogni.
Perché possa vivere egli ha bisogno che accadano molte cose in suo favore.
Nasce in questo modo come conseguenza la necessità di affidarsi ad altri per soddisfare le proprie volontà.
Nessuna storia umana comincia col dire: “nel principio Stefano…” Ciascuno dipende da altri per la propria nascita. Ognuno vive i suoi primi anni d’esistenza nella più totale dipendenza nei confronti degli altri.
Per le funzioni più elementari necessita della più ampia assistenza. Ma anche quando è cresciuto e ha a sua disposizione la forza fisica, la capacità intellettiva e il vigore della volontà, ciò non è sufficiente per la sua vita.
Egli dipende dagli altri per tanti, tantissimi servizi, di cui non può fare a meno.
Ma anche quando si potesse ipotizzare che un certo uomo sia sufficiente, rimarrebbe da spiegare di chi sia l’aria che respira, la terra che calpesta e il sole che lo fa vivere.
Per quanto si possa spingere lontano il pensiero e la capacità di realizzazioni da parte dell’uomo, egli rimarrà sempre per eccellenza un uomo che non basta a se stesso.
Egli è obbligato a dire: “Per la grazia di Dio io sono quello che sono”. Nessuno può dire “io sono in ciò che sono”!
Salmo 102/24-27
La rivelazione di Dio si apre invece con una affermazione straordinaria: “In principio Dio”. C’era un tempo, se di tempo si può parlare, in cui Dio esisteva solo.
Non c’erano cieli, non c’era la terra, non c’erano angeli. Nulla, solo Dio.
Questo è il primo elemento che la Bibbia ci mette davanti per quanto riguarda Dio.
Egli ha una esistenza distinta da quella dell’uomo. Essa è assolutamente libera ed indipendente. Egli è da sempre autosufficiente.
La base della sua esistenza si trova in Lui stesso. Egli possiede in se stesso la ragione e la forza di esistere. E si ha l’impressione che persino la parola esistere sia un termine inadeguato per rendere ragione del modo in cui Dio è.
Giovanni 5/26: “come il Padre ha vita in se stesso, così ha dato anche al Figlio di aver vita in se stesso”
Quando si comincia a capire che Dio è il solo sufficiente, si comincia a capire perché la Bibbia sottolinei cosi fortemente che è necessario credere nel Signore solo, e perché il non credere in Lui sia talmente grave.
Si, perché fra tutti solo Dio può affidarsi sicuramente a se stesso. E il non credere in Lui è in realtà una perversione della fede che si manifesta nel riportare la propria fiducia nell’uomo mortale, anziché nel Dio vivente e vero.
Quando non si crede in Dio si afferma di credere o in noi stessi o in un’altra creatura.
La creatura è così considerata più degna di fede di Dio! Ciò è un offesa a Dio, ma anche un’assurda follia.
Uno degli attributi di Dio è la “onnipresenza”.
Onnipresenza vuol dire che Dio è ovunque presente. Nel Salmo 139/7-12 è detto che non v’è luogo della realtà in cui non si possa affermare “eccolo quivi”. L’eterno è presente nel soggiorno dei morti come pure nel cielo (8). Né l’estremità del mare, né le tenebre possono nascondere l’uomo dalla presenza di Dio. Per Dio non esiste limite spaziale, e anche là dove non v’è più la categoria dello spazio, là v’è Dio.
La Bibbia presenta numerosi episodi che testimoniano in favore di questa verità.
Dio era presente quando Acan nascondeva il frutto delle sue bramosie in mezzo alla sua tenda (Giosuè 7/10-26).
Quando Gheazi, il servo di Eliseo cercò di approfittare dei doni di Naaman, è detto che lo spirito di Eliseo non era assente (2 Re 5/26).
Né era sconosciuta a Pietro l’astuzia di Anania e Saffira (Atti 5).
C’è in tutta la Scrittura la forte convinzione della onnipresenza di Dio.
Ogni spazio è Suo. Se la natura dell’uomo è di esser in un luogo, la natura del Creatore è di essere ovunque.
La distanza esiste per noi uomini, ma non esiste per Dio. Per questo può promettere di essere “ovunque due o tre sono riuniti nel suo nome” Matteo 18/20.
La proibizione di fare immagini del 2° comandamento ha origine dal fatto che Dio è al di sopra dello spazio.
Ciò che è limitato nello spazio può essere osservato, ma Dio non può essere “fissato” in alcun luogo.
Egli non abita in templi fatti di mano di uomo dice Paolo nell’Aeropago di Atene (Atti 17/24).
E dopo aver costruito il tempio per la lode di Dio, Salomone prega dichiarando che Dio riempie il cielo e i “cieli dei cieli non possono contenerlo” (1°Re 8/27 e Isaia 66/1)
La terra è il “suo marciapiede” (Matteo 5/35), ma il suo trono è il cielo (Salmo 123/1 – 115/3).
Certo vi può essere un’onnipresenza qualitativamente diversa a seconda della comunione che esiste con Dio, ma Dio è pur sempre presente.
Se vi può essere una “vicinanza” o una “lontananza” da Dio, ciò dipende dal peccato dell’uomo.
La prima conseguenza che si può trarre da questo attributo, è che è impossibile sottrarsi alla presenza di Dio e vivere nell’ipocrisia.
religionePer questo è ridicolo l’atteggiamento di tante persone che seguendo l’esempio di Adamo ed Eva cercano di nascondersi dalla presenza di Dio. Vedi anche l’esempio di Giona.
“Guai a quelli che si ritraggono lungi dall’Eterno in luoghi profondi per nascondere i loro disegni, che fanno le opere loro nelle tenebre e dicono: Chi ci vede? Chi ci conosce? (Isaia 29/15)
“Sono io soltanto un Dio da vicino e non da lungi? Potrebbe uno nascondersi in luogo occulto si che io non lo veda? Non riempio io il cielo e la terra? (Geremia 23/23-24).
La presenza di Dio nelle creature è assai di più che un semplice atto di presenza. In certi uffici o enti ci sono persone che fanno “atto di presenza”. Questo vuol semplicemente dire che sono là, ma non fanno nulla. Sono dei parassiti della realtà. Ma la presenza di Dio è presenza attiva. Presenza di Dio è sinonimo di salvezza (Salmo 139/5).
A causa della sua eternità ed onnipresenza, Dio è e sarà sempre e ovunque a favore della creatura.
La Sua presenza trabocca ovunque. E allora non posso pensare che i valori di Dio debbono essere confessati nel mondo della cultura, in quello sociale, in quello politico, in quello familiare, in quello lavorativo, in quello giuridico.
Posso allora affidarmi a lui e confessare la Sua presenza in ogni sfera della realtà.
Mentre lo ringrazio per questa grandezza, posso anche chiedere perdono per avergli forse sottratto, in qualche caso, qualche spazio in questa realtà che è pur sempre Sua.
Allora posso confermare anch’io: “DIO C’E’ !”

di S.F. (Facebook)

Pubblicato il Apr 10, 2020

Da oltre un mese il mondo della scuola pare catapultato, come molte altre realtà, in una nuova dimensione. L’emergenza ha portato tutto il personale scolastico, le famiglie e gli studenti, i bambini e le bambine, a mettere da parte ciò che fino a questo momento hanno vissuto e a sperimentare, come mai prima d’ora, nuovi modi di essere e di fare scuola. Come insegnanti evangelici abbiamo riscoperto la primarietà della famiglia e il nostro ruolo di educatori delegati, la grande opportunità di operare collegati alla rete di altre agenzie educative altrettanto importanti, la consapevolezza che non dipende tutto da noi, ma dal volere del Dio onnipotente che amiamo e serviamo.  Come insegnanti rimane aperta dentro di noi la domanda su che cosa l’attuale esperienza del Coronavirus abbia da insegnarci, perché crediamo che debba avere un insegnamento da ricevere e da condividere con i nostri studenti. Tra i tanti che in questi tempi passano sugli schermi dei pc, dei tablet e dei cellulari ai quali siamo connessi con la “didattica a distanza”, un video in particolare si presta a una riflessione. Si tratta de “Il puntino che si credeva un Re”, un bel lavoro della pedagogista Sara Caretta. Narra di un puntino, appunto il Coronavirus, che credendosi un Re arriva a gestire la vita delle persone a modo suo, con grave danno per tutti, fino a quando i bambini, grazie ai superpoteri forniti dalle mani pulite, dalle mascherine e dalla speranza, riescono a sconfiggerlo, e tutti ritornano a vivere insieme felici e contenti. Seguendo il racconto, che spiega in modo semplice e naturale il dramma che stiamo vivendo, rimane tuttavia una perplessità: da dove viene la certezza che andrà tutto bene? La situazione iniziale che viene recuperata alla fine, dopo la sconfitta del virus, è davvero così felice? La fine è uguale all’inizio? L’esperienza della pandemia quindi non lascia nulla di nuovo, di cambiato nella nostra vita? Se questo è l’insegnamento che dobbiamo trarne, direi che non siamo stati attenti.  Se infatti ci pensiamo meglio, il puntino che voleva diventare un Re assomiglia molto alla storia dell’uomo. Questo puntino microscopico che popola la Terra, un pianeta microscopico nell’universo, pensa, agisce e vive come se fosse il Re dell’universo. Tutta la nostra didattica e pedagogia girano attorno all’uomo re e alla donna regina, al bambino principe e alla bambina principessa. Insegniamo ai nostri figli e studenti a stare al centro del mondo. L’umanità è un mantra che si autoalimenta all’infinito, un puntino che vorrebbe stare sul trono, scortato da tutti i suoi consiglieri: la scienza, la competenza, la cultura, la conoscenza, la tecnologia… E come ogni consigliere cospira per arrivare al trono, così ogni dimensione ambisce ad assorbire la totalità della nostra vita. Anche la scuola, tanto che ci si domanda se sia la scuola per la vita, o la vita per la scuola.  Il problema si pone in questi termini: se vogliamo imparare qualcosa dall’emergenza causata dal virus, dobbiamo mettere in discussione non tanto la scienza, che è una grande cosa, ma la sua presunta onnipotenza. Dobbiamo relativizzare non tanto la speranza, che dobbiamo avere, ma l’ottimistico slogan di cui riempiamo i nostri discorsi, senza pensare che l’auspicio che vada tutto bene ha una condizione: “Se Dio vuole”.Dobbiamo renderci conto che la situazione che stiamo vivendo non è avvenuta per caso e non sparirà per i nostri sforzi, per quanto lodevoli essi siano. Insieme al rispetto e alla lode per il lavoro di tutti noi, dobbiamo accogliere il pensiero della nostra piccolezza di fronte a una sfida così grande. Perché può essere che finisca bene, ma può essere che non sia l’ultima sfida che dovremo affrontare. E per affrontare sfide del genere, occorre una qualità che è diventata molto rara: il timore di Dio. Riscopriamo, insieme alla nostra piccolezza, la provvidenza divina che ci dà ancora i mezzi per affrontare la pandemia, per aiutare i più deboli, per condividere la ricchezza delle risorse a nostra disposizione. Ripensiamo a come si viveva “prima”, alla cieca frenesia che ha portato allo sconvolgimento ambientale, alle migrazioni, alla povertà, allo sviluppo che ha causato il depauperamento di interi continenti, alla fame di intere popolazioni, allo scioglimento dei ghiacciai, alle carestie, alle invasioni di cavallette, all’insoddisfazione di vivere una vita senza scopo… alla mancanza di futuro per le nuove generazioni. Ora abbiamo ancora il tempo di ravvederci, riconoscere le vere priorità e mettere in ordine la nostra vita. Questo è l’insegnamento da imparare e da lasciare in eredità alle future generazioni, finché c’è tempo, perché il tempo di vivere è il dono più prezioso che ancora riceviamo dalle mani del vero Re e dell’unico Salvatore. 

Per il Comitato Insegnanti Evangelici in Italia

Lidia Goldoni  10 aprile 2020

Pubblicato il Apr 06, 2020

Un tempo per fare cordoglio  di Davide Standridge

Nella Bibbia Salomone, l’uomo più saggio che sia mai vissuto ha scritto: “Per tutto c'è il suo tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire… un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare,”

Ormai quasi tutti sapete che mio papà è andato alla presenza del Signore la settimana scorsa. Ho condiviso gran parte della mia vita vicino a lui. E’ ovvio sono cresciuto sotto la sua guida, il suo amore, la sua disciplina e poi ho avuto il privilegio di lavorare accanto a lui alla Voce del Vangelo. Ho servito come una delle guide nella chiesa dove lui era pastore per molti anni. Io non l’ho scelto, ma neanche lui aveva scelto me, Dio lo ha determinato nel suo amore e la sua grazia per me.
Ma, non soltanto ho avuto il privilegio di vivere accanto a lui, ho anche avuto il privilegio di condividerlo con tanti altri.

Spesso le persone che mi incontrano mi chiedono se sono il figlio di Bill o Guglielmo. E’ un privilegio rispondergli di si e sentirsi dire che gli assomiglio tanto fisicamente. Vorrei tanto potere assomigliare a lui anche nel servizio per il Signore. So che siamo diversi e Dio lavora in tutti noi e ci usa come vuole lui. La mia speranza è di vivere una vita fedele e dedicata al Signore fina alla fine come ha fatto lui.

davide e bill standridge copyVoglio cogliere l’occasione per ringraziare le centinaia di persone che hanno reagito al post su Facebook e hanno scritto cose belle su papà e mamma che lo ha preceduto in cielo sei anni e mezzo fa. Grazie delle tante parole gentili nei confronti di tutta la famiglia. So che siete tantissimi e non riesco a ringraziarvi personalmente, e lo faccio adesso.

Grazie per le preghiere. Dover sperimentare la morte di un caro in un tempo dove non gli si può stargli vicino fisicamente è difficile. Gestire la morte di un caro che solo qualche settimana fa stava bene è sorprendente, in qualche modo si spera che non succeda a nessuno e neanche a te.

Davanti agli eventi che circondano il coronavirus si stanno spargendo tante lacrime e c’è tanto cordoglio. Sono state calcolate decine di migliaia di morti, che sono probabilmente di più se le statistiche fossero più realistiche.

Noi figli abbiamo potuto, attraverso la tecnologia, leggere dei salmi e cantare e pregare al telefono grazie a un dottore gentilissimo. Non siamo sicuri di quanto potesse sentirci, ma abbiamo una grande certezza, che li dove non potevamo arrivare noi è arrivata la mano amorevole di Dio.

Papà non aveva paura di morire, quello che ci diceva, da quando era diventato più limitato nei movimenti, era molto simile a quello che ha detto 2000 anni fa l’apostolo Paolo.
“Secondo la mia viva attesa e la mia speranza di non aver da vergognarmi di nulla; ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia con la vita, sia con la morte. Infatti, per me il vivere è Cristo e il morire guadagno. Ma se il vivere nella carne porta frutto all'opera mia, non saprei che cosa preferire”. (Filippesi 1:20-22)

Papà sapeva bene che la lunghezza della sua vita dipendeva solo dal Signore ed era desideroso di andare in cielo, ma era anche pronto ad essere usato come Dio voleva per il bene degli altri. So che Dio lo ha usato tutta la mia vita. Negli anni in cui ha vissuto in casa con me e Loredana dopo la morte di mamma, in cui abbiamo continuato a collaborare insieme e dove io ho dovuto prendere più responsabilità nello scrivere il mensile La Voce del Vangelo, mi ha sempre incoraggiato e spronato.
Il suo attaccamento al Signore e il suo desiderio di imparare meglio cosa volesse dire amare Dio e fidarsi di Lui ed essergli grato per ogni cosa, anche nelle circostanze in cui si trovava, nei mesi passati ha lasciato un profondo segno nella mia vita.

bill standridge nonnoenonnaPotrei andare avanti, ma voglio dirvi che la serenità con cui papà ha vissuto tutta la vita e la sua vecchiaia non dipendevano da particolari capacità che possedesse. Erano legate profondamente alla fiducia che aveva nella sovranità di Dio e la certezza di spendere l’eternità con il Signore nel cielo. Sin da giovane aveva riconosciuto di essere un peccatore e di avere bisogno di un Salvatore. Aveva messo la sua fiducia in Gesù Cristo come suo Signore e Salvatore. Le promesse di Dio lo hanno accompagnato ogni giorno della sua vita. Ha vissuto desiderando che tutti conoscessero il suo Signore e potessero avere le stesse certezze che aveva trovato nella Parola di Dio che studiava e amava.

Come figlio con i miei fratelli e sorella facciamo cordoglio, piangiamo davanti a tanti ricordi, ma siamo sereni perché abbiamo creduto nello stesso messaggio di salvezza.

Posso capire la paura che tanti hanno, posso capire la disperazione con cui tanti devono convivere, perché la vera pace viene dalle certezze che solo Dio può dare nella sua Parola. L’apostolo Paolo ha scritto queste parole a dei cristiani veri: “Fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati”.
(1 Tessalonicesi 4:13,14)

Sono sicuro che Dio ha accompagnato papà nel cielo, anche se non ero li a tenergli la mano. Nulla farebbe più piacere a papà che la sua vita di fede e certezza nella vita eterna con il suo Salvatore, porti altri ad avere le stesse certezze.
Sono sicuro che alla sua entrata nel cielo ha sentito le parole: “Ben fatto fedele servitore”.
Che Dio vi benedica e che anche voi possiate trovare speranza vera in Cristo Gesù.

Davide Standridge (da Facebook)

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